In risposta al messaggio di Rascal del 04/09/2021 alle 09:49:02I lavoratori poi vengono licenziati con un whatsapp, chissa se gli mettono pure la faccina col dito medio.
Ultimo in ordine di tempo, dopo tanti altri casi, è la chiusura dello stabilimento della Riello di Pescara. Ora mi sto chiedendo cosa succede in questo dannato paese che continua a perdere pezzi di aziende. L'esperienzapassata dice che i topi scappano prima che la barca affondi e con 2700 miliardi di euro di debito pubblico una logica del fuggi fuggi generale c'è, in pratica nel futuro prossimo qualcosa di molto grosso succederà e naturalmente chi sa prende azioni per tempo prima di trovarsi coinvolto nel casino generale. Il bello è che mentre questo continuo smantellamento procede la gente vive sonni tranquilli tra gli spaghetti e le partite di pallone, in concreto la droga moderna.
In risposta al messaggio di giorgioste del 04/09/2021 alle 12:54:31Vero però non trovo nessuna diversità di comportamento in italia tra ditte nazionali e straniere, anzi una volta alcune ditte americane confrontate con le italiane avevano politiche salariali migliori delle relative ditte italiane. Purtroppo tutto questo è scomparso ed oggi impera il precariato grazie alle politiche scellerate fatte da noi col beneplacito degli appecorati italiani.
La Riello è controllata da una società americana. Quando si è contenti degli stranieri che “investono in Italia” si deve capire che per farlo comprano le aziende italiane e poi ne fanno quello che vogliono, compresoil chiuderle. La soluzione è politica ma non si è presa. Basta vedere quanti costruttori di camper ci sono in Italia e quanti di questi sono italiani.
In risposta al messaggio di Rascal del 04/09/2021 alle 13:48:21… appunto..
Vero però non trovo nessuna diversità di comportamento in italia tra ditte nazionali e straniere, anzi una volta alcune ditte americane confrontate con le italiane avevano politiche salariali migliori delle relative ditteitaliane. Purtroppo tutto questo è scomparso ed oggi impera il precariato grazie alle politiche scellerate fatte da noi col beneplacito degli appecorati italiani.
In risposta al messaggio di Rascal del 04/09/2021 alle 13:48:21In genere le società americane tengono salari e benefit alti ma non si fanno nessuno scrupolo a lasciarti a casa perché quella è la mentalità americana. Parlo per esperienza familiare diretta.
Vero però non trovo nessuna diversità di comportamento in italia tra ditte nazionali e straniere, anzi una volta alcune ditte americane confrontate con le italiane avevano politiche salariali migliori delle relative ditteitaliane. Purtroppo tutto questo è scomparso ed oggi impera il precariato grazie alle politiche scellerate fatte da noi col beneplacito degli appecorati italiani.
In risposta al messaggio di cricio del 05/09/2021 alle 09:05:46Scusa ma per un ponteggio installato vengono chiesti migliaia e migliaia di euro , una persona in un mese quanti ne monta ?
La cosa è veramente preoccupante, soprattutto pensando che dovrò lavorare almeno altri 20 anni e ho figli piccoli. Negli anni lo spirito imprenditoriale italiano è andato a farsi benedire, probabilmente anche a causa delcambio generazionale e ora si guarda solo al profitto. D'altronde aziende come Olivetti Marzotto ecc che avevano asilo interno e varie agevolazioni per le famiglie si sono viste penalizzare dallo stato italiano. I sindacati oramai non hanno senso di esistere, dovrebbero fare gli interessi dei lavoratori, mentre si sono moltiplicati e ogni sigla vuole la sua fetta. Esistono lavoratori di serie A B C ecc? Ma come la politica insegna più siamo meglio è! Decine di partiti politici e decine di sigle sindacali. Io sono un autonomo dal 2001 e vorrei assumere un dipendente, ma non trovo nessuno disponibile... La paga base è troppo bassa, mi dicono, per un lavoro così pesante come montare ponteggi. Certo 1200€ non sono molti e il lavoro è pesante, ma all'azienda il dipendente costa circa 3000 €. Chi ha la possibilità (grosse aziende) sposta la produzione all'estero dove ha costi inferiori. Molti stranieri che negli anni hanno imparato il lavoro qui in Italia, ora con il boom del 110% hanno aperto l'attività nel loro paese d'origine e lavorano qui a tariffe più basse, rovinando il mercato. Mentre chi è a casa senza lavoro preferisce chiedere il reddito di cittadinanza. Se la politica non cambia non vedo bene il futuro dei miei figli. Purtroppo o per fortuna stiamo ancora troppo bene... CricioP.s. scusate se sono andato un po' fuori tema.
In risposta al messaggio di giorgioste del 04/09/2021 alle 15:56:47"Il problema italiano è che, per vari motivi, per molti grandi industriali è stato più conveniente e meno rischioso vendere per vivere di rendita che non investire e fare crescere le proprie aziende in un periodo in cui si cresce più per acquisizioni che per evoluzione."
In genere le società americane tengono salari e benefit alti ma non si fanno nessuno scrupolo a lasciarti a casa perché quella è la mentalità americana. Parlo per esperienza familiare diretta. Il problema italiano èche, per vari motivi, per molti grandi industriali è stato più conveniente e meno rischioso vendere per vivere di rendita che non investire e fare crescere le proprie aziende in un periodo in cui si cresce più per acquisizioni che per evoluzione. E la politica ha fatto veramente poco per evitarlo. In tutto questo i sindacati penso non siano più determinanti come una volta, e anche questo lo dico per esperienza diretta essendo finito, in seguito ad un’acquisizione, in un’azienda dove una volta “comandavano” e dove ora non ottengono quasi più niente.
In risposta al messaggio di Al Ula del 06/09/2021 alle 07:46:42Beh, io credo che in gran parte il tempo delle aziende famigliari sia tramontato, e forse bisogna capire perché in Italia non si formino società per azioni importanti. Non che i singoli non contino, se pensiamo ad Amazon, Tesla, Virgin, sono tutte aziende che hanno dietro una singola persona. Ma in generale, non è più così da tempo.
Il problema italiano è che, per vari motivi, per molti grandi industriali è stato più conveniente e meno rischioso vendere per vivere di rendita che non investire e fare crescere le proprie aziende in un periodo in cuisi cresce più per acquisizioni che per evoluzione. Tempo fa lessi un articolo, molto interessante, che analizzava come si fossero evolute le aziende di famiglia dal dopoguerra ai tempi nostri. Ovviamente il giornalista forniva degli esempi - ora non ricordo i nomi - per poi allargare l'analisi non solo ai grandi marchi ma anche a tutte quelle imprese medio piccole che sono nate nel dopoguerra per iniziativa di singole persone molto intraprendenti. Le conclusioni erano che molte aziende si arenano alla terza generazione. Il vecchio ha iniziato con sudore e tenacia nel dopoguerra a fare qualcosa che ha poi reso famoso il made in Italy nel mondo. Il figlio (o i figli/e) hanno vissuto gli inizi e in molti casi hanno contribuito a far diventare l'azienda una realta' consolidata e solida nel panorama manifatturiero. Poi si arriva al nipote (o ai/alle nipoti) che invece sono nati ricchi... tutto e' piovuto sulle loro spalle dal cielo e trovano difficolta' ad immedesimarsi nell'operato del nonno che, probabilmente, non ha conosciuto un giorno libero o una vacanza per anni e anni; loro hanno il portafoglio pieno e la voglia di divertirsi. Se anche avessero voglia di lavorare, e' facile che i loro interessi non siano piu' quelli di continuare il business di famiglia ma diversificare e fare altro (utilizzando e/o sperperando i soldi che si trovano in famiglia). In questa ottica, delocalizzare l'impresa di famiglia per evitare tasse e balzelli diventa un'opzione allettante; i nipoti non hanno l'idea imprenditoriale iniziale del nonno - realizzare un qualcosa - ma si focalizzano solo sul guadagno fine a se stesso. Pensate quante centinaia di nipoti ci sono nelle realta' imprenditoriali italiane e la situazione diventa chiara... Stefano
In risposta al messaggio di Al Ula del 06/09/2021 alle 07:46:42La tua analisi sulle terze generazioni la condivido avendo pure visto di persone casi simili, fortunatamente quella azienda non è stata chiusa ma producendo prodotti di grande mercato gli eredi non avendo voglia di continuare l'hanno venduta ed oggi esiste ancora. Per contrastare il problema occorre prendere esempio da quello che succede in altri paesi verso aziende ritenute strategiche per la loro economia. La prima azione è a livello stato , un esempio se lo stato quando ha regalato soldi alla fiat si fosse fatto dare in cambio azioni avrebbe potuto pesare sulle decisioni prese dall'azienda, non è necessario avere la maggioranza ma la sua presenza puo condizionare decisioni che cozzano contro l'interesse nazionale, un esempio in merito e la Renault francese. Sempre sulle aziende strategiche, quelle di rilevanza economica nazionale, favorire la trasformazione a public company, es. come si fa negli stati uniti. Certo queste politiche andavano prese anni fa oggi che ormai la frittata è fatta con il grosso dell'industria ex-nazionale ormai in mano straniera abbiamo perso la corsa e pure quelle mega riunioni economiche come quella di Cernobbio non hanno senso se non per far abbuffare con pranzi gli invitati, l'economia italiana è governata dall'estero secondo i loro interessi non certamente dell'italia
Il problema italiano è che, per vari motivi, per molti grandi industriali è stato più conveniente e meno rischioso vendere per vivere di rendita che non investire e fare crescere le proprie aziende in un periodo in cuisi cresce più per acquisizioni che per evoluzione. Tempo fa lessi un articolo, molto interessante, che analizzava come si fossero evolute le aziende di famiglia dal dopoguerra ai tempi nostri. Ovviamente il giornalista forniva degli esempi - ora non ricordo i nomi - per poi allargare l'analisi non solo ai grandi marchi ma anche a tutte quelle imprese medio piccole che sono nate nel dopoguerra per iniziativa di singole persone molto intraprendenti. Le conclusioni erano che molte aziende si arenano alla terza generazione. Il vecchio ha iniziato con sudore e tenacia nel dopoguerra a fare qualcosa che ha poi reso famoso il made in Italy nel mondo. Il figlio (o i figli/e) hanno vissuto gli inizi e in molti casi hanno contribuito a far diventare l'azienda una realta' consolidata e solida nel panorama manifatturiero. Poi si arriva al nipote (o ai/alle nipoti) che invece sono nati ricchi... tutto e' piovuto sulle loro spalle dal cielo e trovano difficolta' ad immedesimarsi nell'operato del nonno che, probabilmente, non ha conosciuto un giorno libero o una vacanza per anni e anni; loro hanno il portafoglio pieno e la voglia di divertirsi. Se anche avessero voglia di lavorare, e' facile che i loro interessi non siano piu' quelli di continuare il business di famiglia ma diversificare e fare altro (utilizzando e/o sperperando i soldi che si trovano in famiglia). In questa ottica, delocalizzare l'impresa di famiglia per evitare tasse e balzelli diventa un'opzione allettante; i nipoti non hanno l'idea imprenditoriale iniziale del nonno - realizzare un qualcosa - ma si focalizzano solo sul guadagno fine a se stesso. Pensate quante centinaia di nipoti ci sono nelle realta' imprenditoriali italiane e la situazione diventa chiara... Stefano
In risposta al messaggio di Al Ula del 06/09/2021 alle 09:20:55Venerdì ho sentito una intervista ad una nota giornalista sull'immondizia in sicilia. Beh, lei ha denunciato che spesso si vedono mucchi di immondizia e ne ha dato testimonianza. Poi ha aprlato di Noto, dove è stata messa l'indifferenziata, ma pochi la usano perché moltissimi evadono le tasse sull'immondizia. Aggiungo io, pensate ad esempio che viene evasa questa tassa sopratutto da chi ha abitazioni abusive.
In Italia non ci sono solo le leggi anti licenziamenti, in Italia ci sono tasse assurde e regole complicate, in Italia servono dieci permessi da dieci enti diversi per una singola azione, in Italia, se sei in arretrato coni pagamenti, arrivano a sequestrarti i macchinari dandoti il colpo finale (politica piu' miope di questa non ne vedo...). Certo che l'Italia e' anche un paese molto creativo sul trovare modi di truffare lo stato e quindi questa gabbia asfissiante di leggi e regole ha effetti negativi senza che sia necessariamente nata con quello scopo. Ci vorrebbe l'analisi di qualche esperto ma il discorso e' comunque molto complesso e variegato. Sta di fatto che le aziende scappano e nessuno fa niente. Rielaborare la politica industriale italiana per renderla piu' competitiva e' un opera impossibile da attuare con tutta la frammentazione di interessi in gioco, ognuno vuole portare l'acqua al suo mulino ma le parti in causa sono troppe e troppo diversificate. Ci vorrebbe una guida forte e autoritaria, cosa assolutamente impossibile nel nostro paese creato cosi' frammentato per paura che possa tornare un personaggio come Mussolini. Quindi? Quindi niente... lasciamo ai nostri figli un bel grosso problema. Stefano