Rocco Commisso è un alieno sbarcato sul pianeta Serie A. Pensava di essere arrivato nel campionato più bello del mondo, con la squadra di una delle città più belle d’Italia. Voleva investire, costruire uno stadio, esportare nel pallone il suo modello di business a stelle e strisce con cui è diventato miliardario. Invece pian piano sta scoprendo di essere in una “gabbia di matti”, tra procuratori esosi, dirigenti pasticcioni, presidenti viziati. E un po’ confuso, un po’ inca..zato, come un extraterrestre che proprio non si capacita di dove sia finito, comincia a insultare tutti quanti.
Come si fa a non amarlo.
Bisogna amarlo non solo per i suoi modi buffi da italo americano in un gangster movie, a metà tra Marlon Brando e Danny De Vito (guai a prenderlo in giro perché dà in escandescenze pure su questo). Bisogna amarlo perché il suo arrivo probabilmente è la cosa migliore che sia successa al pallone italiano negli ultimi dieci anni. Di errori ne ha fatti e ne farà pure lui, per carità. Come quando nei primi due anni di gestione ha toppato praticamente tutte le scelte tecniche, da Montella a Iachini a Prandelli, passando per Ribery. Il presidente perfetto non esiste.
E infatti Commisso non è questo, ma molto di più: è un personaggio fuori dagli schemi, che gli schemi stantii e melmosi del nostro calcio vuole romperli.Lo dimostra l’esilarante intervista che ha concesso in settimana al Financial Times, dove in poche righe ha dato dei
“figli di put...a” (letteralmente, “motherfuckers” nell’originale) ad Andrea Agnelli e la dirigenza della Juventus, ha definito lo stadio Franchi “la cosa più ****..sa mai inventata”, ha insultato i presidenti di mezza Serie A.
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