Inserito il 23/05/2011 alle: 09:20:26
...questo racconto l'ho scritto tanto tempo fa in un post ormai dimenticato, forse molti di voi l'hanno gia letto ma lo ripropongo perchè mi dispiace che vada perso.
Dedicato a tutti quelli che hanno offerto il loro "viaggio" in nome della pace!id="green">
Raccontiamo, affidiamo ad altri i nostri ricordi e le nostre sensazioni, cerchiamo, con storie dal sapore antico di affascinare chi ci ascolta, nel tentativo di venire a nostra volta ricordati.
I fatti che si narrano possono anche essere banali ma, a nostra insaputa, a volte si fondono nostro malgrado, con avvenimenti importanti e tragici che hanno fatto parte della storia dei popoli.
Mi è sempre piaciuto il mare. Ma non come quando uno dice che gli piace qualcosa così a titolo informativo, mi è sempre piaciuto come quando ci si innamora di qualcuno.
Mi è sempre piaciuto in modo importante, tanto da provare con ogni mezzo a far parte di lui.
Fin da piccolo dovevano faticare per farmi smettere di nuotare, lo disegnavo a scuola, facevo temi su di lui, sulle mie vacanze al mare, sognavo di costruite una casa sottomarina e da grande andarci ad abitare con la mia famiglia.
Andavo matto per tutto quello che parlava del mondo sommerso e Jacques Cousteau era il mio “super eroe” preferito.
La mia vita non mi ha purtroppo portato a lui per cose più importanti dello svago e, quindi, come triste ripiego e come unica soddisfazione per i miei sogni di bambino, sono diventato subacqueo.
Tante sono le immersioni che ho fatto nei più svariati luoghi, tante le persone che ho conosciuto fuori e dentro di lui, tante le navigazioni con ogni tempo e con ogni mare, tantissima l’adrenalina che ho prodotto con le emozioni che ho provato, ma qui… inizia la vera storia.
Nel 2001, come regalo di compleanno per i 18 di mio figlio, siamo stati in mar rosso, a Sharm el Sheikh, rinomata meta per il turismo subacqueo,( è sub anche lui), siamo stati, in una settimana, più in acqua che fuori, c’è un mondo immerso stupendo, pieno di ogni tipo di vita e… non solo.
Eravamo con altri, in un gruppo organizzato per fare immersioni.
Un giorno, la nostra guida ha proposto di fare qualcosa di diverso per chi ne avesse avuto voglia, ci avrebbero portati a vedere un relitto della seconda guerra mondiale a circa 4 ore di navigazione dalla costa del parco marino di Ras Mohammed.
Ho accettato, volevo che per mio figlio, il suo battesimo del mare rimanesse qualcosa di veramente speciale e, cosa di più stimolante di un vecchio relitto arrugginito poteva emozionare? (parlo con lo spirito di un esploratore subacqueo).
Ci alzammo molto presto, prima del sorgere del sole, la direzione dell’hotel in cui alloggiavamo ci preparò una piccola colazione,e con il nostro gruppetto di amici eravamo già tutti abbastanza eccitati dalla cosa.
Ci eravamo informati e le guide del diving avevano decantato quest’immersione come tra le più belle che si potessero fare in mar rosso.
Quando arrivarono a prenderci salimmo tutti con entusiasmo sulle auto scassatissime di alcuni taxisti egiziani che ci portarono “allegramente” (che significa a velocità smodata) al porto di Sharm.
Arrivammo e ci fecero salire in una delle solite imbarcazioni che eravamo abituati a prendere altre volte per andare sui siti di immersione e, sistemati con tutta la nostra attrezzatura, salpammo seguiti dagli odori del porto che sono uguali in tutti i porti del mondo.
Le prime luci dell’alba, sul mare egiziano, hanno un odore intensissimo di fiori notturni, di profumi speziati e un retrogusto di curry, pesce e nafta, non ho ancora capito se sia buono o disgustoso.
Non erano nemmeno le 5 del mattino e già il cuoco di bordo aveva iniziato a "stegamare" sottocoperta e assieme al caffè, ci stavamo sorbendo gli effluvi di melanzane fritte e pollo con peperoni a base di curcuma. Un vero toccasana per i succhi gastrici di chi ha lo stomaco debole in navigazione.
Arrivammo verso le 10 del mattino, il sole aveva già iniziato il suo lavoro di fuochista e quasi tutti eravamo più che pronti ad affrontare ciò che ci attendeva.
Dopo un breve briefing con la guida che ci avrebbe portato sul relitto, iniziammo a prepararci, come ogni momento che precede un’immersione, tutto deve essere controllato nei minimi particolari, la sicurezza di noi stessi va anteposta ad ogni più mero divertimento.
Muta, bombole, erogatori, jacket, ….si controlla il compagno e viceversa, e …finalmente pronti, in acqua.
1…2…3…4…ecco, uno dopo l’altro eravamo saltati in acqua come al solito pronti ad effettuare l’ennesima immersione questa volta su un relitto…
Appena sprofondammo la sensazione di dover chiedere permesso, di dover bussare a casa di altri, mi si presentò come al solito, poi dopo aver compensato ed essermi portato ad alcuni metri in assetto attesi che anche mio figlio si sistemasse.
Poco dopo cominciammo tutti a seguire la guida, il ragazzo scendeva tranquillo nel silenzio liquido color smeraldo, si voltava spesso per vedere se nessuno di noi fosse in difficoltà ma, a parte mio figlio eravamo tutti abbastanza esperti.
Durante il briefing, ci aveva detto cosa ci saremmo trovati davanti, ma quello a cui stavamo assistendo andava oltre alla nostra più minima immaginazione.
Ad una profondità che variava dai 16 ai 30 metri circa, si stava delineando la sagoma del relitto del Thistlegorm, una nave da trasporto inglese bombardata da una squadriglia tedesca nell’ottobre del 1941.
Questa nave proveniva da Cape Town carica di rifornimenti per le truppe stanziate in africa e fu raggiunta da due bombe che la colarono a picco in assetto di navigazione su un fondale sabbioso, nonostante l’incendio terribile provocato dal bombardamento, i suoi 131 metri sono pressoché intatti compreso tutto il suo carico.
Ma torniamo a noi.
Nel silenzio di quei 25 merti di profondità nella quale ci trovavamo, si sentiva solamente il nostro respiro ritmato attraverso gli erogatori.
La guida ci fece passare ad uno a uno attraverso paratie divelte e, accendendo le torce ci intrufolammo in quel mondo dimenticato dagli uomini ma, popolato dal mare che aveva fatta sua la morte disperata di quella nave.
Cominciammo a passare attraverso macchinari contorti e irriconoscibili, oblò pieni di incrostazioni facevano l’occhiolino al nostro passaggio riflettendo quel po’ di luce che ancora riuscivano.
Le sale e i corridoi erano pieni di pesci multicolori e arrivati alle stive, improvvisamente, ci si parò davanti lo scenario più surreale degno di qualsiasi set cinematografico.
Il 1940 si era istantaneamente ripresentato ai nostri occhi, il carico della nave era li davanti a noi, in tutto il suo splendore.
Automobili Morris, motociclette BSA, camion Bedford, due carri armati, due vagoni ferroviari, due carri cisterna, due locomotive…fucili…munizioni…bombe a mano…e…il silenzio.
Il silenzio, soprattutto quello, laggiù in quella stiva affondata, in mezzo a decine di stivali di gomma e a tele di paracadute che fluttuavano nella leggera corrente, l’unico rumore che si sentiva era quello della anime dei caduti e quelle dei sopravvissuti che raccontavano quello che ora era divenuto un nostro “divertimento”.
Io, li da solo, nel mio minuto di raccoglimento dedicato a loro, ho sentito decine di brividi percorrermi la pelle, come se tutti coloro che erano stati un tempo su quella nave mi avessero posato una mano sulla spalla in segno di saluto.
Una tristezza infinita mi pervadeva l’anima, sentivo che quel giorno di banale divertimento era diventato una lezione per me ma anche per mio figlio.
La storia degli uomini che hanno dato la vita in tutte le guerre merita di essere ricordata anche se, come in questo caso, non ci sono lapidi commemorative nel luogo di questo dramma, nessuno che passa da li può vedere nulla, nessun segno, niente.
Solo il mare, una grande lapide blù.
Andate, se vi capita, a vedere la storia del Thistlegorm, unica e uguale a tante altre, di paura e morte, di ricordi e sofferenza, di guerra e di tristezza, andatela a vedere e imparate come ha fatto mio figlio, nel giorno del suo compleanno.